2 agosto 2021 - 28 Agosto 2021

Belluno, Museo Fulcis

Mostra fotografica di Massimo Saretta

“Il silenzio nel vuoto”

Il viaggio fotografico nella storia e cultura del territorio più bello del mondo per affascinare i visitatori con immagini che rimarranno dentro l’anima di ognuno di noi.

La mostra è ospitata nella Protomoteca della Biblioteca Civica che è parte di quel cuore pulsante di storia, cultura, civiltà e bellezza che rende Belluno una delle perle nascoste del panorama artistico italiano.

Belluno

A Belluno è soprattutto questione di aria. Perché quassù – siamo “solo a 400 metri sul livello del mare, ma le montagne si vedono dappertutto – è più fresca, arriva dall’alto, sembra persino più rarefatta ma solo perché è più pulita. L’aria di Belluno è protagonista di un piccolo miracolo: è riuscita a farsi fotografare. Direte: l’aria non si fotografa, e invece eccola qui, che c’è nella sua trasparenza e dà un senso a tutto il resto. Sembra un’aria per pochi intimi, perché gli abitanti, frazioni comprese, sono appena 35 mila. Beati loro,  che si godono un tesoro fatto di gioiellini messi gli uni accanto agli altri lungo i secoli, accomunati da una discrezione montanara per cui non esiste la magniloquenza che sa di eccesso. E d’altra parte, se da ogni strada della città alzate lo sguardo, vette e cime vi riempiono gli occhi, e quella è la vera magniloquenza senza aggettivi. Per cui la città è discreta, cresciuta con il passo che tiene conto del respiro, con una coesione che è la spina dorsale della comunità.

Il fascino della città si può trovare riassunto in un progetto battezzato “Adorable” e già questo dice tutto. Belluno è adorabile, e magari diciamolo in inglese così lo capirà il mondo, perché qui si vive bene, e tra cose belle.
In più è tutto vicino, tutto pulito, così a posto che chi arriva da un’altra città, magari più grande, magari di pianura, facilmente si sente in un altro mondo. In un certo senso lo è un altro mondo, Belluno: che ogni anno è ai primi posti della classifica delle città dove si vive meglio. 

Qui il concetto di “slow” non è una scoperta per sfuggire al logorio della vita moderna, ed ha una sua accezione che non è la stessa di “lentezza”. Piuttosto, ritmo del fare, che non ha mai perso la connessione con il pensare. E la scoperta del turista – perché i bellunesi lo sanno da sempre – sarà che questo non è la periferia dell’impero, il villaggio sperduto tra le valli, la conservazione dovuta all’isolamento. Si sono sempre guardati attorno, i bellunesi, e sono stati guardati, eccome.
C’è il Piave che è una strada liquida verso Venezia e la Serenissima che guardava verso l’alto, a quei suoi confini così preziosi.
Sotto l’arco di Porta Rugo, l’ingresso meridionale della città, passò nel 1404 il primo rettore veneziano Antonio Moro. 

Un secolo più tardi, nel 1509, ai tempi della Lega di Cambrai, ci passò a cavallo anche l’imperatore Massimiliano, prepotente vicino di casa. Venezia se la riprese, perché questa è terra veneta, e ci costruì il palazzo dei Rettori, che in un paese di montanari è un manifesto di potenza. Ma a chi ci va, piaceranno i pozzi di pietra con i gerani sul bordo, o le finestre gotiche che occhieggiano lungo vie tranquille, o gli scorci discreti di un abitato a misura d’uomo, dove contemporaneamente tutto è a portata di mano ma si confronta con i grandi spazi appena si alza lo sguardo. Ecco dove si annida “l’adorable”. Il quale concetto ne sottintende un altro, e cioè l’apertura agli altri, l’ospitalità.
Belluno vuole accogliere, ha voglia di essere scoperta, di animare quel suo tesoro che è la tranquillità. Qui tutto scorre, come le acque del Piave, e non mancano i brividi: delle acque a volte nervosette, e dei piccoli tesori della città.
Qui anche il vuoto del lockdown è stato diverso, perché Belluno non conosce le folle. Un po’ più vuoto, ecco. Ma sempre con qualche presenza, ovviamente discreta.

Paolo Coltro